lunedì 12 marzo 2012

La lotta biologica alle piante della droga

LEGGETE QUESTO ARTICOLO TRATTO DA "La lotta biologica alle piante della droga Messi a punto funghi patogeni specifici per cannabis, coca e papavero da oppio. Ma il loro utilizzo comporta seri rischi Pianta di cannabis rinsecchita dal Fusarium oxysporum f.sp. cannabis MILANO - I funghi possono essere utilizzati come mezzi per danneggiare le piantagioni di droga: alcune specie patogene selezionate possono essere sfruttate in modo mirato per colpire le coltivazioni illecite. È questa l’ultima frontiera della lotta al narcotraffico, a cui partecipa anche l’Italia. «L’idea di impiegarli come micoerbicidi contro le piante di marijuana, coca e papavero da oppio viene da lontano: nasce oltre oceano, negli Stati Uniti», racconta Maurizio Vurro, primo ricercatore all’Istituto di scienze delle produzioni alimentari (Ispa) del Cnr. «Il Congresso americano, tramite l’ufficio della Casa Bianca sulla politica nazionale di controllo della droga, ha dato l’incarico a un board scientifico della National Academy of Sciences di svolgere uno studio che facesse il punto della situazione sull’uso dei funghi patogeni nella lotta alla droga. Poiché l’Ispa-Cnr ha ampie competenze sui microrganismi fitopatogeni e le piante infestanti, è stato chiamato a valutare i risultati finora raccolti in merito». FILONE DI RICERCA - Il nostro Paese negli anni Ottanta aveva infatti isolato e svolto le prime prove applicative del fungo patogeno Brachycladium papaveris capace di attaccare il papavero da oppio. Da allora altri micoerbicidi sono stati individuati: Fusarium oxysporum f.sp. cannabis per la cannabis, F. oxysporum f. sp. erythroxyli per la pianta di coca e Crivellia papaveracea per il papavero da oppio. La maggior parte di essi producono necrosi fogliari o attaccano i tessuti vascolari della pianta causando avvizzimento, perdita di turgore e infine morte del vegetale. I guerrieri della battaglia dunque ci sono e la volontà di mettere in ginocchio il ricchissimo mercato internazionale degli stupefacenti anche. Ma è un’impresa davvero fattibile? Una capsula con quattro spore di Crivellia papaveracea APPLICAZIONE - Per rispondere a questa domanda è stato realizzato un progetto di studio in cui sono state considerate tutte le competenze messe finora in campo, i dati su efficacia, sicurezza, fattibilità e applicazione su larga scala dei funghi patogeni fino a oggi raccolti e sono stati messi in fila i passi ancora necessari da compiere per arrivare a un loro reale utilizzo. Da un punto di vista scientifico i funghi antinarcos hanno un’elevata potenzialità e sono una valida alternativa alla lotta contro la droga, ma le ricerche finora eseguite non sono sufficienti per una reale applicazione. RISCHI - I funghi patogeni non sono tuttavia ancora usati per abbattere i 600 mila ettari di cannabis coltivati soprattutto in Afghanistan, i 200 mila ettari di piante di coca concentrati nelle zone andine di Perù, Colombia e Bolivia e i 130 mila ettari devoluti alla produzione di papavero da oppio in Afghanistan, Messico e Myanmar (ex Birmania). E il motivo risiede nella difficoltà nell’applicazione pratica dei dati ottenuti in laboratorio. Sebbene i funghi antinarcos siano organismi ben gestibili in laboratorio, stabili nel tempo, indirizzabili a un target preciso e formulabili per essere prodotti industrialmente, a tutt’oggi il loro impatto ambientale non è stato del tutto determinato. RICERCHE - «Molti di essi annientano la pianta produttrice di stupefacenti con sostanze tossiche: i funghi del genere Fusarium ne producono per esempio molte e ad ampio spettro. Esse si possono accumulare nei tessuti delle piante indesiderate, finire alla morte di queste nel terreno e avere un impatto pericoloso su altri microrganismi che vivono nell’ambiente, come su altri vegetali e animali, uomo compreso». Nuove ricerche sono pertanto necessarie per capire se i funghi impegnabili nella lotta alla droga possono mettere a rischio l’ambiente. Di certo c’è una discrepanza tra la potenzialità di queste nuove armi di battaglia e il contesto in cui andrebbero a essere impiegate. I Paesi in cui le piante di stupefacenti sono coltivate sono tutt’altro che facilmente gestibili. GESTIONE COMPLICATA - Prendiamo per esempio la Colombia, Stato nel quale, per mezzo di accordi internazionali, si tollera che gli americani facciano interventi armati per limitare il traffico di droga e incursioni aeree con erbicidi per controllare le coltivazioni, ma non si dà l’autorizzazione a eseguire prove di applicazione di funghi antinarcos. Altre nazioni non sono da meno. Molte di esse sono in guerra e quindi difficilmente avvicinabili. Con quelle che non lo sono si deve fare invece i conti con gli agricoltori, obbligati per vivere a coltivare piante da droga: qualsiasi altra coltivazione legale non avrebbe infatti acquirenti. Stretti nella morsa di un commercio illecito, non hanno pertanto alternativa: devono vendere per pochi dollari il prodotto delle loro coltivazioni a organizzazioni che lo rivendono a un prezzo mille volte superiore. LOTTA NON SOLO ALLA DROGA- I funghi antinarcos sono un’iniziativa che aiuta a ripensare a un problema, quello della droga, che oltre a mettere a repentaglio la vita di molte persone è un nemico anche per l’ambiente. Per coltivare le piante di marijuana, papavero da oppio e coca, vengono infatti sfruttate in modo selvaggio aree vastissime, eliminata la vegetazione presente e abbandonati a se stessi i terreni dopo uno o due anni di coltivazioni. I funghi da impegnare in una lotta biologica contro le coltivazioni indesiderate di stupefacenti fanno ricordare che il traffico illecito è ancora la spina al fianco di molte nazioni, sebbene abbia cambiato i suoi connotati e il modo di essere effettuato. La richiesta di cocaina è per esempio ancora grande ma l’offerta si è ridotta: le coltivazioni sono infatti diminuite e passate dai 167.600 ettari del 2008 ai 158.800 ettari del 2009 per l’attività di contrasto svolta da attività di eradicazione internazionali. Manuela Campanelli"

quanto parlano le immagini.... non serve scrivere per comunicare con questo strumento...